La magia del Carnevale Gallurese: Tradizioni e celebrazioni
Eh si, ci siamo, ormai tutto è pronto per il tanto atteso Carnevale Gallurese, si sa, in Sardegna il Carnevale ha origini antichissime, legate al mondo arcaico, ricco di superstizioni, maschere zoomorfe e riti atti a scacciare la cattiva sorte. Sicuramente le maschere sarde più conosciute anche fuori dall’Isola, sono quelle dei famosi Mamuthones, tipiche di Mamoiada, nell’entroterra sardo. Ma il Carnevale allegorico più popolare dell’intera Sardegna, appartenente alla Federazione Italiana Carnevali (proprio come quello di Viareggio, Cento ecc.) è quello di Tempio Pausania.
Anche qui a Tempio, ed in generale nella Gallura, il Carnevale ha radici così antiche che è difficile indicarne con precisione l’origine. Ciò che risulta sicura è invece la collocazione storica della famosa figura di Re Giorgio (Gjolgiu), Re del Carnevale Tempiese, il vero fulcro su cui ruota l’intero evento carnevalesco.
La secolare storia del carnevale tempiese è davvero affascinante!
Secondo quanto sostiene D. Turchi, la figura di Re Giorgio viene collocata nell’epoca pre-romana, in cui lo spirito della terra fertile, che fruttifica e prospera, era chiamato appunto “GIORGI”, e proprio a questa divinità erano dedicati svariati riti comprendenti il sacrificio dello stesso Giorgi, con la speranza che l’anno agricolo avvenire fosse produttivo e prosperoso.
A quel tempo, le maschere che suscitavano maggior gradimento e simpatia tra la gente restavano comunque quelle dei cosiddetti “buffoni”, vestiti con abiti sudici, sbrindellati, fatti di pelli di vacca o di montone, cuoio di vacca o di bue, corde a tracolla, e rumorosi sonagli o campanacci che venivano fatti suonare di continuo.
Il loro nome, “buffoni”, non è stato assegnato a caso. Infatti con le loro scenette, le maschere, i costumi ed il linguaggio spesso pungente o ricco di parole sconce rivolte a tutti, non solo ai presenti, facevano ridere di gusto tutti gli spettatori, costringendoli a ballare con loro, far festa e farsi pagare con vino o qualche moneta.
Altra curiosa presenza storica del carnevale più antico erano le “attittadore” ovvero le donne il cui sonoro lamento funebre, particolarmente esasperato, per la morte di Re Giorgio, si è protratto negli anni fino ad arrivare ai giorni nostri, ispirando giovani mascherati ironicamente da vedove afflitte, il cui pianto, “lu raspu”, venne condannato e vietato in passato dalle autorità ecclesiastiche del tempo perché definito disdicevole.
De Rosa scrive che all’arrivo della mezzanotte, nella sera di martedì di Carnevale, «nelle sale (da ballo) si vede entrare una bara, in cui si vede un fantoccio (Gjolgiu) rappresentante il morto carnevale, portato da quattro persone seguite da una fiumana di gente che grida: “carrasciali è moltu! Ohi! Ohi! Ohi!… Gjolgiu meu, Gjolgiu meu, lu me’ fiddolu bonu ch’eri tu, ohi ! ohi ! ohi !” (Carnevale è morto! Ohi….Giorgio mio… tu che eri il figlio mio buono, ohi…) Deposta la bara in terra i doloranti le si mettono in giro cantando una scherzevole trenodia e gettando frequenti ululati che vengono ripetuti dagli astanti». Tutto questo viene seguito da un corteo funebre che si aggira per il paese.
Tutte queste antiche tradizioni, seppur in maniera differente, sono ancora vive nell’attuale carnevale Tempiese, arricchitosi già dagli anni ’50 dei carri allegorici, e che culmina proprio, nell’ultima sfilata, nel sacrificio di Re Giorgio (un tempo chiamato Ghjolghju Puntogliu) un fantoccio di cartapesta che viene prima adorato, poi processato e condannato al rogo.
Insieme a lui, le altre figure storiche ancora presenti nel Carnevale sono: il Banditore, gli ambasciatori di Re Giorgio e cioè coloro che accompagnano l’ingresso in paese di Sua Maestà, i giudici della suprema corte, coloro che durante il processo analizzeranno le accuse al sovrano e firmeranno la sua condanna a morte, l’avvocato difensore che tenterà invano di salvare il Re dal rogo finale, e il Notaio incaricato di leggere le ultime volontà del sovrano dopo la sua morte.
La figura di Re Giorgio, e tutte le figure che gli ruotano attorno, seppur tramandate fino ai giorni nostri sono notevolmente cambiati nel tempo. In passato, Gjolgiu era rappresentato da uno spaventapasseri vestito di stracci, povero e minuto, accompagnato da un corteo di lenzuola bianche (Li Linzoli Cupalatati), musicisti (li sunadori), e Domini, questi ultimi tipici della zona, vestiti di scuro con corpo e volto nascosto.
Tra gli antichi e molteplici significati nascosti dietro la figura di Re Giorgio, c’era sicuramente il simbolo del potere capace di esaurire le risorse della popolazione e solo la sua morte poteva liberare da frustrazioni e dolori.
Col trascorrere dei secoli, oltre al significato di questa figura che attualmente rappresenta il Carnevale, è mutata anche la sua fisionomia e le rappresentazioni. Oggi Sua Maestà ha dimensioni gigantesche ed è un fantoccio di cartapesta al quale viene dedicato un carro allegorico maestoso, solitamente dotato di movimento, ha il volto sorridente, sul capo indossa una sfarzosa corona, e addosso abiti regali.
Anche il rito del suo sacrificio è mutato negli anni: mentre in passato si trattava di un piccolo falò, oggi proprio nel centro di Tempio Pausania, in particolare nel grande piazzale del Largo XXV Aprile, viene appiccato un grande rogo in modo che tutti gli spettatori possano assistere alla condanna del sovrano, anche da lontano, in seguito allo spettacolare processo.
Durante la sei giorni del Carnevale Tempiese, si intrecciano canti, balli e l’allegria che caratterizza i Galluresi, capace di coinvolgere e richiamare a sé ogni anno migliaia di spettatori, non solo da tutta la Sardegna, ma anche dal continente.
Pensate che lo scorso anno, secondo il comunicato stampa n°8 del sito ufficiale del Carnevale Tempiese, si sono registrate 10.000 persone solo durante la prima sfilata.
Diciamo la verità, la cosa non può stupire se si considera oltre all’innegabile bravura, l’ospitalità e la dedizione dei Tempiesi verso questo spettacolare ed attesissimo evento, anche le fattezze dei carri allegorici, la cui costruzione vede coinvolti oltre agli esperti uomini del posto, maestri carrascialai, molti dei quali rappresentano un pezzo di storia del Carnevale Tempiese per la loro assidua e continuativa partecipazione all’evento, anche consulenti artistici di grande livello che supervisionano i lavori. Questi ultimi impegnano giorno e notte ragazzi, giovani e adulti che seppur stanchi, si preparano all’evento annuale più atteso con tutto il loro entusiasmo. Le donne non sono da meno! Con la loro maestria e pazienza cuciono vestiti coloratissimi e ricchi di preziosi particolari per tutti i componenti dei carri. La partecipazione alla creazione di questo evento è totale: qualsiasi sia l’età o la provenienza sociale il Carnevale unisce tutta la popolazione.
E’ facilmente intuibile che per arrivare ad un evento di tali proporzioni, i preparativi incomincino molto presto. Quasi immediatamente dopo la fine del Carnevale si pensa a quello successivo, con la scelta del tema da proporre da parte dei gruppi che intendono partecipare, e della relativa storia allegorica e satirica ad esso correlata. Un’apposita commissione valuta poi i progetti migliori e stila una graduatoria.
Saranno i vincitori ad animare i Corsi Mascherati delle tre sfilate storiche.
Insomma, la macchina organizzativa è davvero mastodontica, ancor di più da quando nel 2008 l’amministrazione comunale ha realizzato il tanto desiderato Opificio del Carnevale trasformando un vecchio stabilimento nato per la trasformazione del sughero in un’imponente struttura formata da 15 locali industriali in cui i carri prendono vita.
Il Carnevale Tempiese è stato considerato da più fonti, unico nel suo genere, proprio perché intriso di tradizioni secolari, carri spettacolari, maschere e costumi altrettanto elaborate ed affascinanti, ma soprattutto tanto tanto divertimento, allegria ed un coinvolgimento che difficilmente si riscontra.
Ora non resta che testare dal vivo tutto questo! L’appuntamento è per giovedì 12 Febbraio.
Che altro dire? Che “Lu Carrasciali” abbia inizio!!